A tu per tu con SIMONE FORNASARI: vita e opere di un grande artista, partendo dal successo “Che poi”
Aprile 27, 2021Straordinaria e interessante intervista oggi a SIMONE FORNASARI , artista poliedrico che sta facendo incetta di consensi coi suoi lavori musicali. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro CHE POI, leggiamo con curiosità l’intervista a SIMONE FORNASARI , grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Affronteremo perciò aspetti musicali e di vita, SIMONE FORNASARI si aprirà a noi con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Alessandro Avarucci, Giancarlo Boselli, Safe&Sound, le esperienze, come Fabrizio Moro, Stadio, Ron, Nina Zilli, Nomadi, Marco Mengoni, Premio Nazionale Mimmo Bucci, Premio Milo 2014 – Voce del Mediterraneo, Premio Lunezia, Premio Bologna Musica d’Autore, Casa Sanremo e i progetti futuri. Andiamo a capofitto a fondo e diamo un caloroso benvenuto a SIMONE FORNASARI!
Com’è nata tua la passione per la musica?
Avevo 12 anni ed ero “costretto” in casa con la rosolia: mi regalarono una chitarra usata e con un manuale di accordi ho iniziato a strimpellare.
Sono cresciuto con la musica che ascoltavano i miei genitori: ricordo ancora le cassette di De Gregori, Battisti, Venditti e Morandi…quel mangianastri mi faceva compagnia e trasportava in un mondo “leggero”.
Credo sia nato tutto da lì.
Come si è evoluto il tuo sound?
Dal mio primo lavoro prodotto nel 2008 ad oggi c’è stata un’evoluzione pazzesca. Sorrido sempre quando ascolto quelle cose ma allo stesso tempo le reputo sincere per ciò che ero io in quegli anni. All’inizio non sapevo nemmeno cosa significasse scrivere una canzone, produrla, fare un disco e suonare dal vivo. Devo tanto a Giancarlo Boselli, amico fraterno e produttore artistico: ci siamo conosciuti un po’ per caso nel 2008 e da allora abbiamo sempre collaborato insieme arrivando a comporre a quattro mani gli ultimi album. Giancarlo mi ha accompagnato in questo mondo con grande rispetto e con una costanza pazzesca: ha saputo insegnarmi ciò che avrei voluto fare senza però spiegare come avrei voluto che fosse.
È uscito il tuo nuovo EP “Che poi”, come è stato concepito?
Avevo la necessità di chiudere un percorso iniziato con l’uscita dell’album dal titolo “…”: un EP che completa un viaggio, figlio del medesimo universo creativo.
Un disco con una forte componente acustica: un lavoro pensato, voluto e concepito anche in questo caso a quattro mani con il produttore artistico e amico di sempre Giancarlo Boselli.
E com’è nato il suo videoclip diretto da Alessandro Avarucci?
Alessandro, oltre ad essere un vero amico, è un grande regista che vive ad Amsterdam.
Inizialmente, quando si parlava di pensare ad un video che potesse accompagnare il primo singolo dell’ep, credevamo che la pandemia ci avrebbe permesso altre cose, ma così non è stato.
Alessandro ha saputo però essere geniale anche a distanza proponendomi un’idea che mi ha convinto da subito: grazie ad un lavoro importante di pre-produzione è riuscito a raccontare una storia talmente assurda da essere vera.
Parlaci del tuo percorso dall’esordio a oggi?
Ho inziato da giovanissimo nei locali della mia città a suonare chitarra e voce per poi arrivare alle prime esperienze con la band: ci chiamavamo i non pervenuto (infatti siamo svaniti a breve).
Fondamentale è stata la collaborazione con Massimo Carlotti (un fratello di vita e un complice vero) con il quale abbiamo pensato ad un primo vero progetto.
Da lì è nato tutto e quasi tutto è arrivato per caso…o meglio al tempo non si pensava dove arrivare ma ci si concentrava solamente su cosa proporre.
Dal primo album “e comunque la vita è tutta un’altra cosa” uscito nel 2008 sono successe un sacco di cose.
Ho avuto la fortuna di vincere un contest di un’importante emittente radiofonica che mi ha permesso di calcare palchi in apertura a grandi artisti della musica italiana.
Tante le collaborazioni e tanti i riconoscimenti così come l’incontro con il manager Massimo Bettalico che mi ha poi permesso di vivere grandi esperienze al suo fianco.
In tutti questi anni anche la mia musica ha subito una grande metamorfosi e, mai come oggi, sono fiero e appagato di quello che è il lavoro fatto.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Sicuramente il cantautorato italiano è la mia linfa vitale, da lì è nato tutto. Vero è che mi piace curiosare e spaziare su altri stili: cerco di scoprire ogni giorno musica nuova e conoscere nuove suggestioni artistiche.
Nel disco hai collaborato con Giancarlo Boselli ce ne vuoi parlare?
Devo tanto a lui, ai suoi consigli e all’essermi sempre stato vicino anche quando ero io a
non stare vicino a me stesso.
Giancarlo è un produttore della “vecchia scuola”: mi ha preso per mano e con grande pazienza e dedizione mi ha insegnato a camminare in un mondo che nasconde mille insidie.
In questo nuovo viaggio abbiamo lavorato a quattro mani partendo dallo sviluppo delle
idee fino alla scrittura definitiva dei pezzi.
Scrivere e collaborare con un professionista del suo calibro è davvero un privilegio.
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la musica?
Nelle mie canzoni parlo sempre di quello che vivo nel quotidiano.
Parlo di fragilità, di ansie e paure così come festeggio l’amore e l’energia che ne produce.
E poi cerco di raccontare un rapporto sempre più ossessivo nei confronti del tempo: non a caso “che poi” parla di scelte, della tentazione di inseguire la fretta e di rincorrere il tempo, della necessità di fermarsi a pensare, di costringersi a fare i conti con se stessi, anche se il mondo là fuori corre.
Parliamo delle tue esperienze e delle aperture ai concerti di Fabrizio Moro, Stadio, Ron, Nina Zilli, Nomadi, Marco Mengoni, o dei riconoscimenti a concorsi e manifestazioni quali Premio Nazionale Mimmo Bucci, Premio Milo 2014 – Voce del Mediterraneo, Premio Lunezia, Premio Bologna Musica d’Autore, Casa Sanremo. Che ricordi hai?
Ricordo che ero talmente emozionato di vivere quelle situazioni che non sono nemmeno riuscito a godermi fino a fondo quei momenti.
Se potessi tornare indietro cercherei di vivere quelle situazioni con meno “controllo”. Purtroppo è sempre stato un mio difetto e tutto (per fortuna) non puo’ essere controllato.
Certe situazioni non tornano e ogni cosa che viviamo dovremmo celebrarla come se fosse l’unica.
So solo che molti artisti mi hanno attraversato l’anima sia dentro che fuori dal palco…altri meno.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Percepisco molto fermento e credo che la pandemia ne alimenterà altrettanto.
Se prima di questa emergenza sanitaria erano tanti i segnali che le cose dovevano cambiare, mai come adesso, la situazione sta aumentando le prospettive.
La scena indie è molto ricca e piena di cose interessanti e sono sempre più numerose le produzioni indipendenti che arrivano all’interesse del grande pubblico.
C’è un nuovo mercato che si sta disegnando e che, dall’altra parte dell’oceano, aveva già iniziato a formarsi da qualche anno.
Riguardo a cosa cambiare/migliorare non credo di essere nessuno per poter dire la mia 😉
Oltre al lavoro in promozione quale altro tuo brano ci consigli di ascoltare?
C’è una canzone che ho scritto per un amico speciale, Ignazio Cutrò, che si intitola “da che parte stare”.
Ignazio è un testimone di giustizia, una persona che ha dovuto rinunciare a tutto soltanto per aver scelto di stare dalla parte giusta.
Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del Covid-19?
Cerco di scrivere per sconfiggere la paura.
Stiamo vivendo una guerra silenziosa che ci sta travolgendo su più fronti: quello sanitario, quello economico e quello sociale.
Personalmente percepisco un costante peggioramento e credo che molte responsabilità siano da imputare ad un sistema viziato.
Fa sempre molto male percepire la presenza di correnti politiche anche nella dimensione scientifica dove i colori e le idee dovrebbero rimanerne fuori.
Credo che tutto questo sia sinonimo di grande fragilità.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Continuo a scrivere in attesa di tornare a suonare dal vivo il prima possibile.