Un caffè con ELLA GODA tutto sulla sua vita e su LE COSE GIUSTE

Un caffè con ELLA GODA tutto sulla sua vita e su LE COSE GIUSTE

Dicembre 15, 2021 0 Di master

Diamo oggi il benvenuto alla band ELLA GODA, formazione poliedrica che ci vizia e seduce con la sua arte. Recentemente impegnata nella promozione del lavoro LE COSE GIUSTE, leggiamo con senso di empatia l’intervista alla band ELLA GODA, grati e onorati per il loro tempo e la cortesia riservataci! Entriamo più a fondo nella vita e nelle opere dei componenti, la formazione ELLA GODA si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, fra le quali con Sorry Mom!, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto alla band ELLA GODA!

Com’è nata vostra la passione per la musica? Brian: negli anni delle scuole elementari mio nonno mi regalò una tastiera, passavo interi pomeriggi a suonarla. Sebastiano: 6 anni, la voglia di suonare nella banda del paese e un pianoforte per casa, poi è stato tutto naturale. Marco: nel ’95 stavo guardando lo Zecchino d’Oro, un bambino cantava “Da grande io farò il batterista”, credo di essere stato mentalmente plagiato da quella canzoncina… in realtà in famiglia tutti suonano, quindi è stato naturale trovare uno strumento anche per me.
Cosa significa e com’è nato il nome ELLA GODA e il suo sound? Non ha un significato delineato, volevamo un nome italiano ma allo stesso tempo che non ci identificasse in un genere preciso, ci piaceva l’assonanza, il richiamo a Hella Good, lo sfondo erotico. Il suono è nato e evoluto insieme alla band, inizialmente era principalmente Rock, post-punk e cantautorato, poi abbiamo inserito elementi Pop, danceable, ultimamente il groove è un elemento primario nel comporre.
Come è stato concepito il lavoro LE COSE GIUSTE? È un brano nato al pianoforte, quindi inizialmente aveva un’atmosfera più intima, proprio per il motivo spiegato precedentemente abbiamo cercato di renderlo più ritmato, quindi abbiamo mantenuto la prima parte minimal per dare sfogo alla ritmica e alle chitarre distorte nella seconda parte, il tutto amalgamato in studio con dei synth e degli elementi pulsanti, quasi dance.
E com’è nato il suo videoclip? Non era previsto un videoclip per questo brano, però avevamo del materiale video realizzato durante le registrazioni in studio, l’abbiamo utilizzato per realizzare un video che è una specie di “making of”.
Il lavoro sarà contenuto in un EP/Album? Si il brano l’abbiamo pensato come anticipazione del nostro secondo album, che uscirà nel 2022.
Studi, gavetta, sudore e soddisfazioni… vogliamo conoscere la vostra storia, tutto il suo percorso! Brian: sono autodidatta, ho studiato pianoforte da bambino per poi in adolescenza abbracciare la chitarra come naturale conseguenza ai miei ascolti. Fin da quando ho iniziato a suonare ho sempre cercato di scrivere roba mia, gli Ella Goda sono nati come esigenza per sviluppare al meglio ciò che scrivevo. Per poter confrontarmi e migliorare quello che stavo cercando di fare. Il disco d’esordio ci ha dato delle soddisfazioni inaspettate, ma siamo proiettati su questo secondo album, siamo convinti di aver alzato l’asticella. Sebastiano: mille studi su mille strumenti, un diploma, mille band, un contratto con una major in passato e mille palchi. La parola “gavetta” dovrebbe essere resa illegale. Marco: ho iniziato a suonare la batteria all’età di 6 anni, per la gioia di genitori e vicinato. Fino ad oggi non mi hanno ancora sparato per il frastuono emesso… già questo lo considero un grande traguardo.
Quali sono le vostre influenze artistiche? Brian: a livello italiano mi piacciono molto i cantautori con una marcata vena Rock, penso a Ivan Graziani o band dal piglio cantautorale come i Marlene Kuntz. Nella musica internazionale sono davvero troppi gli artisti che mi influenzano, quelli che da ragazzino mi hanno spinto a comprare una chitarra sono stati Neil Young e i Nirvana. Sebastiano: dipende molto dal momento, ora come ora proprio nessuna, non ascolto quasi più nulla, intenzionalmente per lo meno. Ne ho avute molte, forse in ordine temporale l’ultimo che mi ha influenzato di più è periodo che mi ha visto ascoltare tantissimo i Coldplay, Killers, Keane, Two Door Cinema Club, altri di cui non ricordo nemmeno il nome ora, ma di quel mondo lì per capirci… ormai un 5-6 anni fa comunque. Marco: batteristicamente parlando le influenze sono molteplici, partono dai grandi miti come Ringo e Bonham, fino a Meyer, Barker, De Piscopo. A livello più ampio invece sono appassionato di musica a 360 gradi, a partire da Battiato, De André… fino ai Rammstein.
Quali sono le vostre collaborazioni musicali? Siamo degli orsi, difficilmente cerchiamo collaborazioni esterne alla band per creare musica, però per questo album ci siamo affidati ad un produttore artistico, Francesco James Dini. Inizialmente è stato difficile accettare che una persona esterna mettesse mano ai nostri brani, a volte anche con accorgimenti importanti, non li accettavamo. Dopo qualche screzio abbiamo deciso di fidarci e il risultato finale ha messo d’accordo tutti. Marco: collaboro con uno studio di registrazione, saltuariamente registro tracce di batteria per alcuni artisti.
E la collaborazione con Sorry Mom! nel lavoro in promozione? Terminato il lavoro in studio abbiamo inviato gli ascolti a qualche addetto ai lavori, Marco Biondi di BeNextMusic è stato il primo a risponderci e complimentarsi, ci ha poi fatto conoscere Luca Bernardoni, manager e fondatore di SorryMom! con cui abbiamo trovato affinità di vedute, Abbiamo avviato da poco la collaborazione, ma pensiamo sia l’inizio di un bel lavoro di squadra.
Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso la vostra arte? Scriviamo e suoniamo ciò che in qualche modo riesce a scuoterci e catturarci, vorremmo solo che le persone all’ascolto recepiscano qualcosa di queste nostre sensazioni.
Parliamo delle vostre pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi? Con il primo lavoro avevamo programmato una pubblicazione “standard”: singolo in anteprima selezionato da MTV e pubblicazione del disco in formato fisico e digitale, con streaming in esclusiva su sentireascoltare per qualche giorno. Abbiamo avuto brani selezionati per la compilation di rockit, da alcune playlist ufficiali Spotify e siamo stati felici che le recensioni siano state positive sulle principali testate di stampa. Poi ci siamo concentrati sui live con il classico release party e la partecipazione a qualche festival estivo come gruppo spalla. Per questo nuovo lavoro pensiamo di pubblicare più singoli che verranno successivamente raccolti in un album, con SorryMom! abbiamo valutato un approccio più moderno figlio di questi tempi. Ai live per il momento non ci stiamo proprio pensando, speriamo possa migliorare la situazione o almeno torni ai livelli pre covid.
Cosa ne pensate della scena musicale italiana? E cosa cambiereste/migliorereste? Brian: mi sono sempre identificato nella scena rock, anche se spesso in Italia la linea tra pop e rock è molto sottile. La scena indie degli ultimi anni però è puro pop e non lo dico in senso negativo, è un dato di fatto, l’indie degli anni 90 era altra roba, anche in Italia. Ascolto molta musica nostrana, ovvio ho una parte nostalgica che predilige i gruppi e i generi che mi hanno formato, ma anche nel nuovo pop ho trovato cose che mi hanno ispirato. Cosa cambierei è difficile dirlo, forse questa emulazione, nemmeno troppo velata, verso l’artista del momento. Intendo proprio a livello di suoni, di struttura canzone, addirittura di metriche; in Italia tendiamo a riproporle sempre nello stesso modo in base a quello che viene definito moderno, soprattutto nel mainstream, finché poi arriva un nuovo artista che rimette in discussione tutto. Sebastiano: ascoltando poco o nulla direi che non posso lamentarmi della scena italiana. Di italiano diciamo che seguo solo un autore col quale avevo una band anni fa, che oggi lo fa per professione e mi porta ad ascoltare anche robe lontanissime da me sulla carta.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigliate di ascoltare? Il nostro primo singolo che abbiamo pubblicato nel 2017 “La cura Schopenhauer” è quello che ci ha dato più soddisfazioni, l’avremo suonato mille volte anche in sala prove ma è sempre un piacere, oramai è il nostro riferimento anche per i soundcheck, quindi consigliamo di ascoltare quello, anche se magari a livello personale avremmo altre preferenze, quindi nel dubbio potete ascoltare tutto il primo disco “Ella Goda”!
Come state vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19? Brian: Da fruitore di musica, differenzierei la cosa tra pubblicazioni e live. Nel primo caso la pandemia può aver portato un po’ più emotività nello scrivere e ciò non può che giovare. Per quel che riguarda i concerti invece, vedo la situazione ancora buia, ho assistito solo ad un paio di live tra estate e autunno e sinceramente non è quello a cui eravamo abituati. Si cerca di supportare gli artisti, la voglia di sentire ancora quella sensazione della cassa e del basso nello stomaco è tanta, ma ora con queste imposizioni faccio fatica a desiderare di andare a un concerto e probabilmente per questo non stiamo pianificando di farne. Ovvio confido che il peggio sia passato e che tutto possa tornare presto come prima, anzi, magari che cresca nella gente ancora più voglia di stare a contatto, di condividere momenti e quindi di live.
Progetti a breve e lungo termine? Nel 2022 puntiamo a fare arrivare le nostre nuove canzoni a più gente possibile, come Ella Goda non abbiamo altri programmi.