Uno spritz con GIUSEPPINA CIARLA eccezionale artista, vita e curiosità partendo da A TICKET HOME
Settembre 11, 2021Accogliamo calorosamente GIUSEPPINA CIARLA, talento artistico che sta raccogliendo ampi consensi sulle piattaforme digitali e non solo. Recentemente impegnata nella promozione del lavoro A TICKET HOME, leggiamo con curiosità l’intervista a GIUSEPPINA CIARLA, grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Scopriremo interessanti retroscena musicali e di vita, GIUSEPPINA CIARLA ci racconterà con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Stefano Dentice, le esperienze, come Gunther & Ilse Kern Grant,Lincoln Center,Bongiovanni,Koch e i progetti futuri. Ma largo ai convenevoli, diamo un caloroso benvenuto a GIUSEPPINA CIARLA!
Com’ è nata tua la passione per la musica?
La musica è stata sempre presente a casa mia. Sono cresciuta ascoltando Bach e il Jazz, passando per le canzoni napoletane, l’Opera e la musica sinfonica. Mio padre suona la chitarra classica da autodidatta – e io ricordo fin da piccolissima che cantavo e suonicchiavo sia la chitarra che il flauto dolce. Adoravo riprodurre le melodie che ascoltavo nei dischi ad orecchio, era il mio gioco preferito.
Com’ è nata “GIUSEPPINA CIARLA” e il suo personaggio, il suo sound?
Giuseppina Ciarla sono io, è il mio nome per intero. Negli Stati Uniti, dove vivo, il suono del mio nome piace a tutti. A me non piacciono i diminuitivi, anche se a casa mi chiamano tutti Giusi, però preferisco il mio nome per intero. Ne vado orgogliosa, è un nome importante e antico. Io non amo definirmi un personaggio.
Sono una musicista che ama il proprio lavoro con grande trasporto. Il mio sound proviene da tutte le mie contaminazioni musicali, si fa forte di una solida base classica, ma non vuole essere costretto in una definizione di genere.
Da un incontro o da uno scontro, tutto può essere ispirazione. Com’è nato il lavoro A TICKET HOME?
A Ticket Home è nato da un desiderio che ho coltivato per anni. Pur guadagnandomi da vivere con la musica classica, ho sempre, nei ritagli di tempo che lo studio mi concedeva, arrangiato, composto musica e cantato. Come musicista classica avere altre passioni è spesso considerato riduttivo, o almeno questo accadeva in passato. Oggigiorno essere crossover è stato rivalutato anche in ambienti classici, basti pensare a Yo Yo Ma. Io ne ho avuto pudore per tanto tempo.
Ma poi il covid è arrivato e le orchestre hanno chiuso i battenti lasciandomi il tempo che avevo sempre sognato di avere. Quando la mia orchestra ha chiuso, io mi sono svegliata il giorno dopo sapendo esattamente cosa avrei fatto. E così mi sono buttata a capofitto in questo progetto discografico di cui ho curato tutti i particolari da sola. Il covid è stato un’esperienza terribile per il mondo, ma a me ha regalato la paura di morire con la mia musica ancora dentro, insieme all’opportunità di avere il tempo per dedicarmi ad un progetto che non avrei mai potuto concretizzare in circostanze normali, quando il lavoro in orchestra non lascia spazio a nient’altro.
E com’è nato il videoclip?
Nasce da una collaborazione con la Violipiano, per un progetto intitolato Ad Occhi Chiusi realizzato per L’istituto di Cultura Italiano di Buenos Aires. Un progetto sulla spiritualità ideato da Luca Ciarla, mio fratello, un violinista jazz straordinario e il fondatore, nonché direttore artistico, della Violipiano. Il video è stato realizzato a Sarasota, in Florida, dove vivo, presso il New College of Florida, una location incantevole sul mare. Io ne ho ideato l’ambientazione e l’atmosfera sognante e fatalistica che il testo suggerisce. Il montaggio è stato eseguito sapientemente dalla Violipiano e da Rich Wattie, docente e audio engineer della prestigiosa Eastman School of Music di Rochester (New York). Il mio compagno e la mia migliore amica hanno effettuato le riprese.
Cos’ è per te l’arte, la musica?
Il meglio che l’essere umano abbia mai prodotto. È proprio grazie alla capacità di produrre musica ed arte in senso lato che l’umanità si eleva verso il divino. Per me, la musica, l’arte, la letteratura, la poesia e la danza sono il grande dono della vita. L’arte è la speranza dell’umanità, l’unica cosa che può salvarci dalle brutture e ingiustizie, il canto dell’anima.
Quali sono le tue influenze artistiche?
Io amo gli artisti intensi, quelli che non si risparmiano e che non hanno paura di vivere le emozioni. Primo fra tutti Bach, che per me è la mia religione, e poi tantissimi altri, da Ella Fitzgerald, Keith Jarret, Joni Mitchell, Guinga, il chitarrista brasiliano che adoro e Monica Salmaso, Bjork, Kate Bush, Cecilia Bartoli. Tosca Donati mi fa impazzire, Sting, Yo Yo Ma, Jobim, Diana Damrau, Julia Lezhneva, David Silvian, Yamandu Costa, Verdi, Puccini, Strauss, Debussy, Shostackovick, Mozart, Beethoven. La lista può andare avanti. Insomma, tanti e tanto diversi tra loro.
Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Per questo album nessuna a parte in Nature Boy con Nate Nicol, il mio sound engineer, con il quale abbiamo arricchito l’interludio del brano. Recentemente ho collaborato con Casey Lipka, fantastica cantante, bassista e cantautrice di Los Angeles in un brano scritto da lei che presto sarà pubblicato. Desidero collaborazioni musicali ad alto contenuto creativo e sono desiderosa di lavorare sia come arpista, che cantante, che arrangiatrice. Adoro arrangiare per arpa!
Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Per me è molto importante parlare di diritti umani e giustizia, credo che sia un imperativo per tutti gli artisti. Se non lo facciamo noi, chi dovrebbe farlo? Ho scelto i brani The Ballad of Sacco e Vanzetti e Bella Ciao proprio per sottolineare il mio impegno in questo senso. La mia musica è ad alto contenuto emotivo, mi piace giocare con le dinamiche e con i sentimenti. Io vorrei che chi mi ascolta sentisse fortissimamente, che si emozionasse. Io lo faccio ogni volta che suono e canto.
Parliamo delle tue pregiate esperienze di live, concerti e concorsi come Gunther & Ilse Kern Grant, Lincoln Center, Bongiovanni e Koch?
La mia vita di musicista classica è scandita da tanti concerti. Alcuni sono più memorabili di altri, come quando ho avuto la fortuna immensa di lavorare con Lorin Maazel, o durante le tante Opere con il Teatro dell’Opera di Sarasota sotto la guida del Maestro Victor DeRenzi o al Petruzzelli nella mia nativa Bari, dove sono stata prima arpa per due anni dal 2010 al 2012. Del Gunther & Ilse Kern grant vado molto fiera, perché è un premio che di solito viene assegnato ai cantanti più meritevoli della Sarasota Opera, riconoscimento che mi è stato assegnato per essermi distinta come prima arpa dell’orchestra. È stata una grande e inaspettata emozione. Per la Bongiovanni ho registrato un brano del compositore Raffaele Bellafronte che ha scritto per L’Ensemble Bilitis, un gruppo di sole donne di cui io ero una delle fondatrici, ispirato dal brano di Debussy Le Chansons de Bilitis per due flauti, due arpe, celesta e voce recitante. Invece ho registrato un brano del compositore giapponese Toru Takemitsu per la Koch con il prestigioso Santa Fe Chamber Music Festival, dove mi sono esibita per molti anni.
Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
L’Italia è un paese pieno di talenti. Ci sono musicisti straordinari, Penso a Tosca Donati, Ferruccio Spinetti e Petra Magoni, Vince Abbracciante, Luca Ciarla, Stefano Bollani, Paolo Fresu, Valerio Silvestro, troppi per nominarli tutti. Io non seguo molto la musica pop e pochissimo il rock. Ho ascolto i Maneskin e li ho trovati competenti, il cantante molto bravo specialmente nei brani più lenti. Ma ascolto di rado il pop e il rock, poiché il mio orecchio ha bisogno di armonie più complesse per riuscire ad apprezzare. Quello che cambierei nella musica italiana, specialmente nel jazz, è dare più spazio alle donne, che sono fantastiche, e a nomi meno conosciuti ma non per questo meno bravi. Alzerei il livello artistico di Sanremo (come quando vinsero gli Avion Travel) e chiederei ai discografici di essere più coraggiosi. Inoltre auspicherei che i musicisti venissero compensati equamente.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Domanda difficile. I brani del mio album sono molto diversi l’uno dall’altro. Io li amo tutti. Ognuno di loro ha un posto speciale nel mio cuore e mostra un aspetto della mia personalità musicale. Nature Boy, In Cerca di Te e Billie Jean sono più elaborati, ma gli altri sono altrettanto originali e intensi. Basti pensare a Mari’ Mari, Bella Ciao o The Ballad of Sacco and Vanzetti. E poi ci sono le mie canzoni, L’Invasione di Farfalle e Preghiera, oltre ai brani strumentali. Io adoro Oblivion, per esempio.
Come stai vivendo da artista e persona questo periodo del covid-19?
Anche questa è una domanda difficile. Il covid ha dato un colpo di grazia a tutti gli artisti e ha causato tanto dolore e perdita di vite preziose, ha cambiato per sempre i connotati del mondo rispetto a come lo conoscevamo prima. Però ha regalato a quelli che tra noi sono stati più fortunati, il tempo e la consapevolezza di averlo. Io ho amato questo dono, perché mi ha concesso di poter realizzare finalmente il mio sogno. Negli Stati Uniti abbiamo avuto un buon sostegno economico dal governo e abbiamo tutti percepito la disoccupazione nei periodi più neri. Quindi sebbene isolati e senza possibilità di esibirci come di consueto, non abbiamo sofferto per la mancanza di fondi. Per me avere tempo è la cosa più importante, e per creare ci vuole tempo.
Progetti a breve e lungo termine?
Si prospetta un anno denso di lavoro per me. Avrò moltissimi impegni con l’Opera di Sarasota, la Sarasota Orchestra e la promozione del mio disco. Ho poi altri progetti discografici di cui preferisco non parlare per scaramanzia.