Incontriamo La classe media formazione, vita e curiosità partendo da La rivincita
Ottobre 29, 2024Con grande gioia diamo il benvenuto alla band La classe media, formazione poliedrica che raccoglie consensi a go-go. Recentemente impegnata nella promozione del lavoro La rivincita, pubblichiamo con gratitudine l’intervista alla band La classe media, grati e onorati per il loro tempo e la cortesia riservataci! In punta di piedi ma con la curiosità di un bambino entriamo nella musica e nella vita dei componenti, la formazione La classe media si aprirà a noi con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Red&Blue, le esperienze, e i progetti futuri. Ma largo ai convenevoli, diamo un caloroso benvenuto alla band La classe media!
La classe media sono:
Stefano Ronchi (basso, voce) -> risponde all’intervista
Rocco Marchesano (chitarra)
Michele Pappalardo (batteria)
Com’è nata vostra la passione per la musica?
La musica mi salvò in piena crisi adolescenziale. Era una delle poche cose capaci di darmi un’energia unica, di farmi provare emozioni forti, nel bene e nel male: amplificare la tristezza, ma anche la gioia. Iniziai ascoltando rock e punkrock da Mtv (sì, era un bel po’ di tempo fa!). E poi cercavo: da un gruppo ne scoprivo un altro. Si aprivano vasi di pandora, e per me era un piacere buttarmici dentro. Col passare degli anni ho ascoltato un po’ di tutto, ma con La classe media c’è stato un po’ un ritorno alle origini: la semplicità e l’immediatezza di quella che io chiamo “musica ignorante” – alternative rock sincero, diretto e senza troppi fronzoli.
Cosa significa e com’è nato il nome La classe media e il suo sound?
Il nome nasce dal fatto che noi siamo la classe media, nella musica vita in generale. E anche chi sta leggendo molto probabilmente ne fa parte. E’ un gioco fatto di autoironia, per cercare di mettere a nudo tutte le contraddizioni della nuova classe media: reduce da mille lotte del passato (molte delle quali perse, e pure male) ma con l’addebito automatico di Netflix, Amazon Prime e Spotify; che si sente definire “classe media”, ma che in realtà è figlia della decadenza, abituata a saltare da un contratto di lavoro precario a un altro.
Prima l’uovo (il testo) o la gallina (la musica). Com’è stato il processo di creazione di La rivincita?
La gallina, tutta la vita. Di solito partiamo da un giro di basso o di chitarra accattivante, magari un bel groove che faccia muovere la testa. E una volta che la musica gira (le parti principali del futuro brano, perlomeno) si pensa al testo. Anche per “La rivincita” è stato così. Musicalmente è un brano “antico”: il giro di accordi risale addirittura a quando ero adolescente, e suonavo in un gruppo fra il grunge e il punkrock. La bozza è rimasta per anni in un cassetto, e l’ho ripresa e rivista quando ho iniziato a pensare al nuovo progetto, che poi è diventato “La classe media”. Il testo invece è recente. Poche parole: una sorta di manifesto ermetico per i giovani della “generazione perduta”, sballottati qua e là, precari sia nella vita lavorativa che in quella affettiva. La rivincita descrive la sensazione che si prova quando si riesce a dimenticare gli affanni quotidiani, e ci si sente leggeri, come se le scelte non contassero nulla. Insomma, quando si riesce a vivere la leggerezza del momento.
Si sa che un’immagine vale più di mille parole, ma le note non sono da meno! Il lavoro è stato valorizzato da una clip?
Sì: il video de “La rivincita” è su YouTube, ed è andato in anteprima su Rockon.it il 7 ottobre. Ci siamo divertiti molto a realizzare il videoclip, insieme a Michele Canevari, che si è occupato di riprese, montaggio e post-produzione. Avevamo poco budget e poco tempo, ma l’idea è arrivata, e direi che siamo riusciti a veicolarla bene, grazie a un gran lavoro di Michele. Nel video il protagonista (Giovanni Mingrone) veste i panni del giovane che è parte inconsapevole della nuova classe media decadente. Si sveglia un po’ sbattuto, si prepara per andare a lavoro, elegante ma con qualche dettaglio che è sempre fuori posto. E poi esce e…invece di andare in ufficio si mette a fare l’elemosina. E chi passa a lasciargli le prime monete? Beh, niente spoiler, dovete vedere il video!
Il lavoro sarà contenuto in un EP/Album?
Il singolo sarà contenuto nell’e.p. “La mela del serpente”, in uscita l’8 novembre con Overdub Recordings. L’e.p. contiene i primi 4 brani con cui ci siamo conosciuti e formati come progetto.
In salita o in discesa. I percorsi artistici si sviluppano sempre tra mille peripezie, volete raccontarcele?
Fare brani originali rock come band indipendente nel 2024? Beh, sicuramente non lo definirei percorso in discesa. Ma non è questo il punto. Lo facciamo perché è uno sfogo sincero e necessario, quasi un bisogno fisiologico di dire la nostra con musica e parole, meglio se urlate in un microfono e con le chitarre distorte dietro. Soprattutto nel mio caso, il lavoro che mi paga il mutuo è un altro. Ma ho sempre suonato, questo ed altri generi, e ci ho sempre messo un pezzo di cuore. La classe media è anche questo: scrivere i pezzi, lavorare alla musica di notte, nel poco tempo che “il mercato” ci lascia, e farlo mettendoci l’anima. Macinare Km per andare a suonare chissà dove, e dare il massimo in ogni concerto. Le mille peripezie sono queste, e formano parte integrante di quello che è “La classe media”.
Quali sono le vostre influenze artistiche?
Abbiamo ascolti molto eterogenei fra i membri della band. Parlando per me, l’alternative rock internazionale, arrivato ai tempi in Italia con band come Verdena, Marlene Kuntz e più recentemente Ministri e Zen Circus. Fra le band che mi hanno influenzato, o perlomeno che hanno influenzato il singolo “La rivincita”, citerei Motorpsycho e Dinosaur Jr. Ma ascolto un po’ di tutto, e mi rendo conto che in alcuni giri di basso ci finisce dentro del postpunk, e in altri invece del funk. E la miscela finale la si fa insieme, io, Rocco e Michele.
Quali sono le vostre collaborazioni musicali?
Nei due anni che abbiamo all’attivo abbiamo condiviso il palco con varie band. E, essendo da poco entrati a far parte delle grande famiglia di Overdub Recordings, adesso cerchiamo di far rete con le altre band dell’etichetta, che vengono da un po’ tutta Italia, per organizzare scambi di date e, in generale, promuovere contatti e solidarietà fra band dell’underground. E’ un po’ questo l’ossigeno con cui si alimenta la scena underground, e non solo nel rock.
Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso la vostra arte?
Il disagio, le contraddizioni, ma anche le piccole soddisfazioni di chi si ritrova suo malgrado a vestire i panni della classe media. L’arma più forte per trasmettere questi contenuti, per ora, è l’autoironia, il non prendersi troppo sul serio. Un’arma secondo me essenziale per stare a galla. Anzi, per “surfare” con stile la precarietà.
Parliamo delle vostre pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
Siamo un progetto nato da poco, abbiamo appena pubblicato il primo singolo, e il primo e.p. è in arrivo a novembre. Stiamo cercando date un po’ in tutta Italia per portarlo in giro.
Cosa ne pensate della scena musicale italiana? E cosa cambiereste/migliorereste?
Non posso parlare del mainstream perché non lo conosco. Quest’estate mi è capitato di suonare con un’altra band su un palco enorme, in una rassegna di una delle più grandi radio commerciali italiane. C’erano un sacco di nomi grandi, pedigree da San Remo, X Factor o Amici. E non ne conoscevo uno – giuro! Sto molto bene nella mia bolla musicale underground. Che si è formata in gran parte sulla base di musica internazionale, soprattutto americana e inglese. Nel pop/rock l’Italia ha sempre inseguito e imitato, più che innovare. Ci sono ovviamente molte band valide nel sottobosco, dallo shoegaze, allo stoner, alla sperimentazione elettronica. Alcune di queste cerchiamo di portarle a Pavia nei pochi posti (circoli Arci perloppiù) che son rimasti per suonare. E il problema è proprio questo: sono rimasti pochi posti per suonare e godersi la musica dal vivo. E non solo nel rock, ma in generale. In altri generi più commerciali non si aspira neanche più tanto a suonare dal vivo. Ormai i più scrivono pezzi super-prodotti per inseguire le mode e cercare di aver più ascolti della star da cameretta del momento, nella speranza che un “producer” tosto ti noti, o di trionfare a un talent. Sembra il Grande Fratello della musica: abbiamo preso il peggio della tv degli anni ’80 e ’90 e ne abbiamo fatto un modello. Cosa cambierei? Alla Musica con la M maiuscola, quella underground fatta di carne e sangue, servono spazi, festival e rassegne per respirare. I locali fanno fatica a tirare avanti fra Siae e spese altissime. E quasi non li biasimo se danno spazio alle retroguardie, come ad esempio cover e tribute band. Nessuno rischia. Per far emergere novità e qualità – che già ci sono nel sottobosco di cui parlavo prima – occorre invece rischiare. Per incentivare il rischio (o, meglio, per rendere l’innovazione meno rischiosa) servono investimenti pubblici nella musica, come altri paesi già fanno.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigliate di ascoltare?
Un brano che ci piace molto suonare è “Klarastrasse”, che uscirà nell’e.p. “La mela del serpente”. E poi ce ne sono molti nuovi, ancora inediti. Ma per questi bisognerà aspettare…o venire ai nostri concerti!
Sorprese e anticipazioni. Cosa bolle in pentola e a cosa state lavorando?
Il primo e.p. deve ancora uscire, ma nei live proponiamo altrettanti brani, una dozzina in tutto. E in pentola bollono tante novità. Non vediamo l’ora di metterci a lavorare al prossimo disco, che sarà un full length.