Ahora y acà e altre storie, raccontate direttamente da Sinedades
Luglio 5, 2024Onorati e privilegiati, diamo il benvenuto alla band Sinedades, formazione poliedrica che ci vizia e seduce con la sua arte. Recentemente impegnata nella promozione del lavoro Ahora y acà, leggiamo con senso di empatia l’intervista alla band Sinedades, grati e onorati per il loro tempo e la cortesia riservataci! Scopriremo interessanti retroscena musicali e di vita dei componenti, la formazione Sinedades ci racconterà con quelle che sono le collaborazioni, come ad esempio con Red&Blue, le esperienze, e i progetti futuri. Entriamo nel vivo dell’intervista e diamo un caloroso benvenuto alla band Sinedades!
Com’è nata vostra la passione per la musica?
È nata quando non eravamo neanche adolescenti e la più grande passione era scaricare musica pirata, masterizzare le playlist sui CD della Coop, e metterli in macchina con la sensazione di volare, innamorandosi delle canzoni dei Kings Of Convenience, Beatles, King Crimson, Joao Gilberto.
Descrivi “Sinedades” e i suoi pregi e i suoi difetti
Il pregio è l’eterna freschezza di rinnovarsi tramite lo stupore della semplicità assoluta. Sinedades è un bicchiere di vino in un paesaggio toscano con una chitarra e due voci. La facilità di star bene e di far star bene.
La difficoltà è essere alieni in una società in cui facciamo fatica a stare.
Cantare in spagnolo in Italia, essere italo-argentini amanti della musica brasiliana, fare musica acustica, non sono di certo gli elementi più in voga nel 2024 in Italia.
Ma essere noi stessi è un prezzo che paghiamo senza alcun senso di rinuncia.
Da un incontro o da uno scontro, tutto può essere ispirazione. Com’è nato il lavoro Ahora y acà?
È nato in un bar orrendo nella periferia industriale di Padova, dove attendevamo il nostro turno prima di andare ad esibirci in una location vicina.
In quell’inutilità pragmatica, abbiamo trovato l’immensità di un presente immenso. Abbiamo composto e scritto di getto il brano. Ispirati dalla melodia, dagli accordi, ma anche dalla sensazione di
star vivendo a pieno in un momento che di per sé non aveva un granché da offrire.
Si sa che un’immagine vale più di mille parole, ma le note non sono da meno! Il lavoro è stato valorizzato da una clip?
Si, uscito sul nostro canale YouTube.
Un video da noi realizzato, con lo stesso spirito della composizione del brano. Filmato da noi stessi in maniera totalmente spontanea e libera.
Il video non ha una trama, ma un carattere profondamente nostro che narra più di mille trame.
Il lavoro fa parte di una serie di uscite che culminerà in un disco?
Esatto! Spoileriamo il prossimo singolo in uscita il 21 Luglio. In totale 6 singoli, 6 videoclip, e in fine il disco, da noi tanto atteso.
Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
A metà tra un flusso costante e una burrascosa montagna russa. Le difficoltà sono sempre state tante, ci siamo sempre mantenuti da soli con la musica fin dall’età di 19 anni. Abbiamo vinto un concorso nel 2016 che ci ha dato un’enorme spinta motivazionale e contatti importanti come l’etichetta discografica che attualmente ci segue, Blackcandy Produzioni, ma dato che il mercato musicale era ed è un terreno fatto di incertezze, costi e difficoltà, ci siamo sempre caricati sulle nostre spalle un grande peso. Siamo di fatti produttori di noi stessi a livello audio, fotografico, video, concertistico, organizzativo. Sono stati anni di grande fatica ma anche di enorme passione, amore per ciò che facciamo. E la sensazione più appagante è che dopo tanti anni, adesso stiamo vedendo un ritorno estremamente positivo. Un video nostro è quasi diventato virale e riceviamo ogni giorno decine di commenti e messaggi personali. Ci stanno chiamando a suonare da tutta Italia, e dopo anni di investimento, è una carezza al cuore.
Quali sono le vostre influenze artistiche?
Caetano Veloso, Paul Mccartney, Chico Buarque, Nick Drake, il Brasile degli anni ’70 e di oggi, le atmosfere sognanti del folk psichedelico anni ’70 come Mark Fry, Dave Bixby, Roy Harper.
Quali sono le vostre collaborazioni musicali?
Abbiamo la fortuna di ospitare nel disco in uscita:
Nico Gori, clarinettista di fama internazionale. Giovanni Guidi, importante pianista nel mondo del jazz. Franco Santarnecchi, musicista di riferimento della musica fiorentina (collaboratore di Jovanotti da diversi anni), Nicolas Farruggia, Cico Messina, Joaquin Cornejo, Jeremias Cornejo, e tanti altri. In totale il disco conta una line up di 20 elementi.
Noi al centro, ma accompagnati da musicisti amici che sono come una famiglia non ufficiale.
Abbiamo collaborato con Francesco Di Bella in un disco di feat, insieme a tanti grandi nomi della musica italiana.
Ma sopratutto siamo entusiasti di cosa possa nascere dopo l’organizzazione del nostro Festival (Firenze World Music Festival), dove inviteremo artisti per noi di riferimento, come Leo Middea e Zé Ibarra.
Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso la vostra arte?
L’amore senza un destinatario. Nel senso più lontano dal religioso, e più vicino alla materia palpabile.
Parliamo delle vostre pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
Primi classificati su oltre 754 candidature al Toscana 100band.
Più di 700 concerti in tutta la penisola.
Esibiti al Festival Delle Colline e a tanti Festival di prestigio nazionali.
Creatori del Firenze World Music Festival.
Cosa ne pensate della scena musicale italiana? E cosa cambiereste/migliorereste?
Pensiamo che sia a prescindere interessante, perché nel brutto o nel bello c’è sempre una proiezione della realtà nella musica. La musica, volendo o no, trasmette quello che la società è in quel momento. Nonostante siamo amanti della musica acustica, non siamo affatto snob nei confronti della trap, ad esempio.
L’unico elemento che ci provoca tristezza non è l’attività musicale, che dobbiamo riconoscere è veramente immensa in Italia, ma la qualità. E la scarsa qualità non è colpa del ragazzino che si pretende musicista. La scarsa qualità è colpa di un sistema culturale che non insegna a dare il giusto valore alla musica. La scuola ha un ruolo fondamentale, come lo hanno le istituzioni, i comuni, le provincie, le regioni, il ministero.
Chi organizza musica in Italia, soffre. Matematicamente. Lotta, e quando vince, va in pari economicamente. Il sistema culturale non aiuta lo sviluppo musicale, ma anzi, lo ostacola con indifferenza e burocrazia.
Detto ciò, l’Italia è comunque un giardino composto da tantissime associazioni culturali, locali e iniziative che volontariamente lottano per fare cose belle, e ci riescono.
Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigliate di ascoltare?
Detalles de Placer, per tuffarvi nell’estate appena arrivata.
Quali sono i vostri sogni nel cassetto?
Bere una capirinha a casa di Caetano Veloso dopo aver cantato Michelangelo Antonioni con Zé Ibarra sotto la luna piena. E magari dopo qualche settimana fare uno spaghetto alle vongole a casa di Erlend Oye a Siracusa, e fare una versione sbilenca ed etilica di Estate. Una cosa del genere.